BENI ARTISTICI FRA PASSIONE E INVESTIMENTO
di GIUSEPPE G. SANTORSOLA
Professore Ordinario di Asset Management,
Corporate Finance e Corporate & Investment Banking. Università Parthenope di Napoli
A livello personale, ho una posizione professionale nel campo degli investimenti ed un interesse amatoriale verso le espressioni artistiche. In questa occasione è opportuno mediare fra i due ruoli. Se dobbiamo esaminare congiuntamente i due campi, valutiamo da un lato la particolarità dell'asset class "beni artistici"e, dall'altro, la necessità di sottostimare la scelta di contemplazione e conservazione dei beni artistici introducendo il concetto di holding period ottimale, che comporta la scelta di cedere il bene al conseguimento di un prezzo/valore valutato soddisfacente.
L'individuazione dell'oggetto è un elemento fondamentale; non parliamo di opere di grande prestigio dal costo elevato, potenzialmente illiquide e con mercato ridotto; il perimetro corretto è quello di oggetti che hanno prospettive di crescita del valore (quindi un valore corrente al momento contenuto) con sufficienti motivi per salire in futuro.
Un secondo profilo di attenzione è offerto dal mercato; quello dei beni artistici è poco trasparente con quotazioni non sempre condivise e prive di ufficialità e regolamentazione. I compratori hanno obiettivi molto diversi fra loro:
a) i mercanti che svolgono un ruolo da dealer, non obbligati a pubblicare quotazioni,
b) i compratori che si dividono fra amatori non sempre esperti, soggetti consapevoli e investitori interessati al solo profilo speculativo,
c) altri soggetti, anche legati all'industria del risparmio e del patrimonio gestito, che agiscono con un ruolo da broker, talvolta con l'assistenza di consulenti diversamente classificabili.
Un terzo fattore di attenzione, più vicino all'asset allocation, riguarda la percentuale corretta da destinare nei portafogli gestiti; i volumi complessivi, l'esperienza in materia, la liquidità e la negoziabilità reclamano una quota contenuta sul totale, al fine di mantenere equilibrio nella classificazione dei rischi. Scelte diverse premiano la passione e tralasciano la cura del rischio negli investimenti.
Ulteriore elemento chiave concerne la protezione dell'investitore finale (il nucleo centrale della direttiva MiFID II). I beni artistici (in modo esplicito nel testo i metalli preziosi fisici e non cartolarizzati) sono al di fuori della normativa attuale e ciò limita notevolmente la clientela obiettivo la cui mappatura non sia compatibile con oggetti dell'investimento non classificati e non adeguatamente conosciuti.
In prospettiva, la crescita dell'interesse (non ancora diffuso) potrà reclamare regolamentazione. Il settore specifico dei commercianti d'arte è attualmente soggetto soltanto a controlli nell'area dell'antiriciclaggio e, nel caso, dovrebbero essere diffusi interventi nell'ambito dell'auditing e dei controlli interni; un costo che inciderebbe sulla struttura degli operatori del settore, attualmente molto frammentato.
Ultima considerazione, invero positiva, esalta una differenza fondamentale fra strumenti finanziari e beni reali, in particolare quelli qui esaminati: i primi non hanno fisicità e non hanno valore intrinseco proprio, i secondi restano nel possesso (oltre che nella proprietà) e mantengono la propria funzione estetica, passionale e di gusto. Una motivazione sufficiente per identificare una motivazione collaterale che può spingere all'acquisto, quando sia carente l'attesa di una redditività. L'arte e il denaro possono convivere anche separatamente!